Remo Cattini, settant’anni dedicati allo sport automobilistico.
breve biografia non autorizzata per un mugellano d’adozione *
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di Alfredo Moni

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Bresciano di nascita e mugellano di tarda adozione, Remo Cattini, ottantott’ anni ben portati, ha attraversato molte attività dello sport del motore, quasi tutte: commissario di gara, pilota e collaudatore, dirigente di scuderia automobilistica, direttore di gare internazionali, direttore di circuiti auto e moto.
Da ultimo collaboratore di aci/CSAI nella commissione Circuiti e sicurezza, per la valutazione e validazione degli impianti e delle gare in salita.
Ancora adesso non c’è gara in salita che non lo veda, sempre gioviale, dare indicazioni sul percorso, con quel lontano idioma bresciano, inconfondibile.
Nasce il 17 gennaio 1924, il suo babbo importava cavalli dalla Slovenia e gestiva una scuderia con i colori sociali biacorosso, per farli correre. A sedici anni il giovane Remo diventa campione Triveneto di trotto ma forse più che dalle quattro zampe è attratto dalle quattro ruote delle auto, che diventeranno la sua vita. Nell’aprile del 1940 debutta come commissario di gara sul percorso del Gran premio Brescia delle Mille Miglia, non quella sul tradizionale tracciato per Roma, ma sul circuito triangolare Brescia, Cremona e Mantova, vinta dalla veloce BMW di Huschke von Hanstein, con un brutto simbolo delle SS sulla tuta. Si diploma intanto ragioniere all’Istituto tecnico commerciale della città e frequenta anche un primo anno alla Bocconi, prima che la guerra arrivi.
Già le lingue inglese e tedesco sono le sue materie preferite, la seconda viene perfezionata con gli effetti dell’occupazione tedesca perché il comando locale della Wehrmacht requisisce cavalli e stalle della famiglia, anche se gli è permesso –meglio dire ordinato- di fare servizio militare in casa.
Nel 1948 inizia le prime competizioni con una Fiat 500B e l’anno dopo entra come socio in una autorimessa con officina e vendita in Brescia, vicino alla sede dell’ACI di piazza della vittoria. Nella stessa autorimessa teneva le auto anche Antonio Stagnoli, concessionario Piaggio a Milano che nel 1953 morirà dopo un grave incidente alla Carrera Panamericana e fu con lui e la sua Cisitalia 202 di 1100cc che corse la Mille Miglia nell’aprile del 1949, ma si dovettero ritirare con il radiatore bucato da un sasso sollevato dall’auto che li precedeva, sul passo della Cisa verso Roma.
L’attività dell’officina e la vendita di modifiche ed elaborazioni di auto corsaiole che l’austro-torinese Karl Abarth produceva –tra cui le famose marmitte-, lo spinse e lo aiutò a divenire collaudatore e pilota. “finivano gli anni cinquanta, avevo 35 anni, l’autodromo di Monza era a due passi da casa facile da raggiungere per i collaudi, il rapporto con l’ing. Carlo Abarth e la sua scuderia corse con il simbolo dello scorpione prevedeva che fossi comunque spesato e di riscuotere tutti i premi della gara cui partecipavo: non ti arricchivi certo ma dovevi concludere la corsa e magari arrivare sul podio”, racconta.
Gare in salita, particolarmente adatte alle agili e leggere Abarth, la ricerca di record internazionali di velocità e durata, che servivano alla Abarth & C. per pubblicizzare i suoi prodotti di massa, ma anche gare di durata nei campionati internazionali costruttori, con occhio di riguardo all’America del nord, divennero la sua vita per cinque anni. Tra i tanti piloti del giro Abarth, condotti dal giovane direttore sportivo Lorenzo Avidano, Cattini si ritrovò anche con Mario Poltronieri, poi noto giornalista radio televisivo. “come collaudatori e piloti eravamo numerosi e per scegliere quelli via via migliori, in forma, più adatti al tipo di auto ed ai caratteri della corsa, venivamo provati con “selezioni primarie” ed alcuni partivano per la gara, altri no”, ricorda.
Su www.racingsportscars.com/driver sono raccontate una ventina di sue partecipazioni sportive: dalla 1000 km di Daytona, 12 hours Sebring e Gran premio GT a Monza del 1959, alla 24 heures du Mans, 500 km Nurburgring ed Hockenheim 6 hours del 1960, al Gran premio GT a Monza e Targa Florio del 1961, fino alla Coppa Città di Enna e Targa Florio del 1962.
Generalmente buoni risultati, spesso sul podio di classe con le piccole Abarth 750 oppure 850 e 1000 di cilindrata. Ma sono i ricordi inconsueti, quelli che racconta meglio: “facevo i 190 sul banking della curva sopraelevata di Daytona, la pista era stata da poco inaugurata, faceva un caldo torrido ed in macchina era ancora peggio con il motore dietro, due settimane prima a Sebring mi fecero arrivare secondo di classe –comunque 29esimo assoluto 38 giri dietro la Ferrari “testa rossa” di Dan Gurney e Phil Hill- per far vincere un nostro equipaggio americano della Roosevelt Auto co. che aveva acquistato le Abarth ed a fine gara … up to sunset the rains came in biblical proportions, scrissero i giornali, era il primo giorno di primavera del ‘59”. “ho anche avuto incidenti, il 28 giugno del ’59 correvo a Monza e fui toccato da dietro da una Ferrari, credo di Renè Cotton e mi ritrovai a testa sotto nel camping a sinistra della dirittura box, passai la notte in ospedale con due vertebre schiacciate. La mattina del lunedì i giornali mi davano per morto, ritornai a casa e cercai di avvertire i miei genitori che erano in vacanza a Salò, sul lago e non sapevano nulla. Per decenni, ed ancora adesso, quando cambia il tempo, la schiena mi da parecchio fastidio”.
Sorride al ricordo, con una piccola smorfia. Tra i migliori risultati un quinto assoluto e poi un quarto e secondo di classe nel giugno ’60 e ’61 a Monza GT, un secondo alla 500 km Nurburgring nel settembre 1960, “ma non ricordo granchè della 24 heures du Mans del 1960, forse ebbi un guasto alla piccola auto progettata dall’ingegner Mario Colucci”, effettivamente si ritirò alla quarta ora col cambio rotto della sua 700 S a motore posteriore, pilotata con Giancarlo Rigamonti. Proseguiva intanto ad occuparsi dei record, soprattutto con le filanti e leggere Abarth, “nell’aprile del ’63 a Monza con una Fiat 2300 S coupè stabilimmo quattro record di velocità e durata credo rimasti ancora imbattuti, quasi a 180 km/h”. A quarant’anni cambia, smette di correre e diventa Direttore sportivo della appena costituita Scuderia Brescia Corse del patron Alfredo Belponer, giovane imprenditore di macchine tessili, collezionista di auto storiche e sportive. Per la sua esperienza accumulata in gare fuori d’Italia si occupa del “settore internazionale” con Mario Casoni, Umberto Maglioli e Nino Vaccarella che pilotano Ford GT 40 e Ferrari Dino. Nel 1967, a Sebring 12 hours, in una gara di campionato mondiale sport cars, nell’anno della sfida Ford contro Ferrari, il “preside volante”, come veniva chiamato Ninni Vaccarella, arriva quinto assoluto con la Ford privata della scuderia Bresciana. Nel 1970 Remo Cattini vive nuove esperienze internazionali nel sud America sia facendo il direttore dell’autodromo a San Josè de Balcarce, già patrocinato da Juan Manuel Fangio, vicino a Buenos Aires ed al Mar de la Plata, sia il direttore della Temporada Colombiana di Formula 2, un campionato con gare nel febbraio dello stesso anno “in un posto a 20 chilometri da Bogotà, autodromo Ricardo Mejia, andavo e tornavo spesso a Brescia”. “nel 1972 lavorai ben sei mesi per organizzare una gara di Formula 1 ad inviti a Vallelunga di Roma, ricordo che lo sponsor ESSO garantì ben 30 milioni di lire all’Aci di Roma e credo che la gara fu vinta dal brasiliano Emerson Fittipaldi, poi pluri-campione”. Cambia di nuovo ruolo: chiamato da Luciano Conti, imprenditore emiliano romagnolo ed editore del settimanale Autosprint, a fine anno inizia a rendere operativo il nuovo autodromo Santamonica di Misano Adriatico, che sarà inaugurato nell’ottobre del ’73. Infine, vincendo non poche resistenze della moglie signora Caterina, affettuosamente detta Kira, molto attaccata alla sua Brescia, a fine ottobre del ’73 si trasferisce con lei a Scarperia e si naturalizza mugellano. Inizia una sua nuova attività in quella che fu la “nuova terra della repubblica fiorentina” del medioevo. “c’era infatti il Mugello in costruzione e Carpi de’ Rosmini, allora presidente dell’ Aci CSAI, aveva concordato con l’Aci Firenze ed il suo dirigente Amos Pampaloni che sarei divenuto direttore dell’impianto. Lo inaugurammo il 21 giugno del 1974 con una gara di Formula 5000, finimmo sotto un temporale che ci infangò tutti: ma circuito bagnato, circuito fortunato, dico ancora”. Rimane direttore dell’autodromo per oltre vent’anni, sia nella versione originaria dell’ACI di Firenze, sia dopo il consistente rinnovo –più delle strutture che per il tracciato della pista- avvenuto con la nuova proprietà e gestione della società Ferrari dal 1991. Lascerà l’incarico a Stefano Domenicali, alla metà degli anni novanta, a quello stesso Domenicali adesso team manager della Gestione sportiva di Ferrari Formula 1. Un occhio attento alla formazione continua dei giovani collaboratori, anche al Mugello e, soprattutto, alla sicurezza delle gare ha sempre avuto Remo Cattini, talvolta con atteggiamenti apparentemente burberi, netti, spesso quasi maniacali: “c’è da ricordare sempre che motor racing is dangerous, come dicono gli inglesi e la prevenzione negli uomini deve essere quella giusta, in pista come nelle gare in strada, sono soddisfatto di non aver avuto nessun incidente mortale nelle gare in salita, da quando me ne occupo negli ultimi anni . Purtroppo non è stato così nei miei anni al Mugello”.
Sembra passare appena un’ombra su quel volto di ottantott’anni ben portati. didascalie foto: con un giovane Stefano Domenicali, Mugello circuit, anni ‘90

 

 

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*Adolfo Moni, 1949, Garfagnino naturalizzato a Firenze, architetto e dirigente cooperativo, ricercatore amatoriale di storie d’automobilismo sportivo, ringrazia Pierluigi Guasti, ufficiale di gara Aci/CSAI, per le interviste.