Un alberello di noce >> <<
Non solo divertimento e vittorie, anche dolore ed incidenti nelle corse al Circuito del Mugello: un ricordo per il pilota Gunther e per il bimbo Lorenzo

di Adolfo MONI (*)

Sabato 22 luglio 1967, intorno ad un alberello di noce, allora poco più di mezzo metro di circonferenza, sulla strada 503 in località “il favale” di Firenzuola, quattro case sparse arrampicate verso il bosco a 5,9 km dopo il passo del Giogo, cessò di vivere Gunther “bobby” Klass.
Anche adesso la strada scende appena verso il bacino intermontano di Firenzuola, d’intorno selve e prati seminativi chiusi ed ampi pascoli: il paesaggio ricorda a tratti i dipinti di Giorgio Vasari.
Nato a Stuttgart il 25 gennaio 1936 in una famiglia di commercianti d’attrezzi sanitari, 31enne, pilotava una Ferrari Dino durante le prove per il XIV Circuito del Mugello, nona prova del World sportscar championship.
Aveva iniziato a correre nel 1963 in rally di ambito locale e poi in gare di salita e durata.
Il suo 1966 fu una buona stagione sportiva: con una Porsche 906 arriva 7° alla 24 heures du Mans e vince il Rally European Championschip con un 2° posto al Sanremo Rally ed un 1° assoluto al Deutschland Rally con la 911.
Altre sue gare al Nurburgring, Daytona, alla Targa –dove era spesso arrivato bene-, a Sebring e Le Mans non danno risultati, ma la sua carriera è solida e convive con l’attività di esercente di night clubs in Stoccarda.
“Capelli corvini, atipici per un tedesco, e occhi vivacissimi. Sulle vetture sport era una buona guida” lo ricorda Enzo Ferrari nel libro “Piloti che gente”.
All’inizio del 1967 viene ingaggiato da Ferrari per far correre e sviluppare la Dino 206: una buona guida sottratta alla concorrenza di Huske von Hanstein, direttore sportivo di Porsche.
Arriva alla gara nel Mugello dopo un 4° posto alla salita Trento Bondone, dietro a Peter Schetty con Abarth e ai due concorrenti del campionato europeo della montagna, il tedesco Mitter su Porsche 910 corsa biposto 8 cilindri 2.0 litri, che vince ed il compagno di scuderia Ludovico Scarfiotti con una Dino barchetta



"Arriva alla gara nel Mugello dopo un 4° posto alla salita Trento Bondone, dietro a Peter Schetty con Abarth e ai due concorrenti del campionato europeo della montagna, il tedesco Mitter su Porsche 910 corsa biposto 8 cilindri 2.0 litri, che vince ed il compagno di scuderia Ludovico Scarfiotti con una Dino barchetta."

Questa era un’auto alleggerita specificamente costruita per le gare in salita e Bobby stava giusto provando quella usata da Scarfiotti, iscritta come una Group 7 2000 biposto corsa con numero “T”, quel maledetto sabato al Favale.
Per contrastare le vincenti Porsche sul circuito del Mugello erano state infatti iscritte due Dino: una per Ludovico Scarfiotti e Ninni Vaccarella con il nuovo motore “four valve” ed una per J. Williams e Klass, motore tre valvole, entrambe spyder.
Per il pilota tedesco l’ingaggio pagato da Maranello fu di 218.800 lire, dieci volte uno stipendio settimanale specializzato e che adesso sarebbero oltre 2000 euro, un quarto del premio che gli organizzatori avrebbero pagato al 1° classificato della gara.
Klass muore alle 13:55 guidando l’alleggerita 206 SP T: al “Favale” dopo la curva sinistra “le costarelle” c’è una velocissima destra, probabilmente uscì con la ruota sinistra posteriore sul brecciolino accanto alla cunetta a monte, perse aderenza, sbandò e si schiantò a destra sotto strada sull’albero, che ancora oggi dopo quarantaquattro anni porta dolorosi segni, fu soccorso quasi subito perché nelle vicinanze c’erano i servizi dei commissari di gara ma a niente servì volare in elicottero all’ospedale fiorentino di Careggi.



"Questa era un’auto alleggerita specificamente costruita per le gare in salita e Bobby stava giusto provando quella usata da Scarfiotti, iscritta come una Group 7 2000 biposto corsa con numero “T”, quel maledetto sabato al Favale. "

Forse eccessiva velocità, tracce di scarrocciamento per sbandata da sinistra a destra, uscita di strada: furono queste le dichiarazioni ufficiali del Commissario sportivo presente all’incidente, poi riprese nel Verbale dei Commissari sportivi CSAI e dal Direttore di gara Amos Pampaloni.
Qualche altra ipotesi, cioè un malore da congestione, un cedimento meccanico nella sospensione o nel pneumatico, l’attraversamento di un animale, rimane non provata.
La colpa rimane nell’impercettibile, millimetrico errore di guida in un tratto veloce e privo di particolari difficoltà, qualcosa che si chiama sorte.
Andrea Ballerini, adesso Presidente della cooperativa Agriambiente di Galliano, all’epoca un ragazzino di quasi sei anni, viveva con la famiglia di mezzadri proprio al Favale e stava seguendo la gara a ottanta metri, un poco più in alto sulla strada, con il padre ed altri conoscenti.
Testimonia: “ho netto il ricordo visivo di un paio di giravolte dell’auto, ma non il perché, poi l’impatto rumoroso e la fiammata, l’accorrere di tanta gente, spettatori … l’arrivo dell’elicottero nel campo di sotto. Rimasi shoccato e la sera avevo la febbre a 38, la domenica non guardai la gara”.
Le Ferrari non corsero, ritirandosi in segno di lutto.
L’incidente mortale non fu unico: nelle diciassette volte che fu gareggiato dal 1914 al 1970, fu causata, indirettamente, la morte anche del bimbo Lorenzo Z. a Firenzuola nel 1970. Venerdì 26 giugno: due coppie con i loro figli, il più piccolo è Lorenzo di appena sette mesi in una carrozzina spinta dalla madre Simona Poli, stanno passeggiando per la strada tra Firenzuola ed Ospedaletto, vicino al ponte sul Santerno, in curva.
Sulla stessa che sarà utilizzata per la 17esima edizione del gran premio del Mugello in calendario dopo ventitre giorni.
Il gruppo delle donne e dei bimbi vengono investiti da un’Alfa Romeo 1750 GTAm, a velocità sostenuta con a bordo il ventisettenne di Greve in Chianti Spartaco Dini, pilota ufficiale della scuderia milanese Autodelta, che faceva gareggiare le Alfa, in compagnia della giovane Barbara, sorella dei piloti Carlo e Roberto Benelli, industriali pratesi.
Racconterà in un libro di Luca Delli Carli del 2004 lo stesso Dini: “… stavo andando a correre a Truxon una gara di Formula 2, perché quell’anno avevo un contratto con De Tommaso … volli passare con la mia fidanzata di allora, che mi accompagnava in aeroporto a Milano, dal Mugello, perché … avrei dovuto correre lì e mi avevano detto che c’era un pezzo di strada rifatto. Purtroppo ebbi un incidente che non fu colpa mia”.
Il piccolo Lorenzo muore, le donne ed i ragazzini vengono gravemente feriti.
Dini, arrestato per omicidio colposo, rimane in carcere fino al successivo 13 agosto, pagherà di persona per l’incidente e solo l’anno dopo ricomincerà a correre, ripartendo da zero, con patente guida olandese, licenza sportiva spagnola e divieto di guida in Italia. Corresponsabilità ed attenuanti dell’incidente non furono completamente chiarite: si disse che Barbara cronometrava la velocità della ricognizione e che c’era un cane al centro della strada molto stretta.
I fatti rimasero oscuri, il pilota ripete “non fu colpa mia”: purtroppo, niente rese Lorenzo alla famiglia.
La morte del bimbo, le altre persone gravemente lese e ben conosciute in paese, figlie e figli del veterinario e del farmacista, sopratutto la grave circostanza di provare il circuito anche con strade aperte al pubblico, senza limiti e misure di sicurezza, contribuirono a decretare l’atto finale della gara che fu comunque corsa per la sua diciassettesima ed ultima volta.



"La colpa rimane nell’imper-cettibile, millimetrico errore di guida in un tratto veloce e privo di particolari difficoltà, qualcosa che si chiama sorte."

(*) Adolfo Moni, nato nel 1949 in Garfagnana, architetto e cooperatore fiorentino, ricercatore di storia d’automobilismo sportivo.