L'ingegnere >> <<
Ha cominciato lavorando con la Maserati. Con Porsche e Alfa Romeo ha vinto due volte al Mugello. Ha perso un Mondiale Marche per un punto con la Porsche e ne ha vinto un altro all'Alfa Romeo con la sua "creatura": la 33TT12. Queste ed altre storie ruggenti ci racconta L'Ing.Gherardo Severi che una volta fece anche il navigatore a Vic Elford....

 

"Io divido solitamente i piloti in "veloci ed utili" e "veloci ed inutili", ma non mi chieda di specificare chi appartenesse alla prima o alla seconda categoria, che, per un ingegnere sperimentatore come me erano le uniche che m'interessassero ai fini del mio lavoro."

[nella foto l'Ing.Severi parla con Peter Revson pilota Autodelta alla 6 ore di Daytona 1972]

Ingegnere lei ha cominciato con la Maserati...
Con la Maserati, anche se ufficialmente non correvamo più, preparavamo per il colonnello Simon, l'importatore della Maserati per la Francia, una macchina per la 24 Ore di Le Mans
Il colonnello Simon era una persona gentilissima, un vero signore, elegantissimo. Mi ricordo che un anno partecipammo con la 151, un'auto della quale per la prima e unica volta in vita mia mi trovai a disegnare la carrozzeria. Mi aveva incaricato di farlo l'Ing. Alfieri. Io lavoravo al Reparto Esperienze Avanzate, cosa che alla Maserati, dove tutti facevano tutto, è un nome che faceva un po' ridere.
Ci davamo una mano era una conduzione familiare, quindi non mi meravigliai quando mi mostrarono la macchina da "vestire" con la carrozzeria a coda tronca. Confessai che non sapevo da che parte cominciare e l'Ing. Alfieri mi chiese:-"Conosce la Jaguar E ?"-
"Sì che la conosco" - risposi, fra l'altro ne possedeva una anche un nipote del Commendator Orsi, il padrone della Maserati. "Ecco, allora la faccia così"- tagliò corto Alfieri.
Ed io "copiai" il frontale, con la classica "bocca" della Jaguar E, poi la carrozzeria la completò un collega che disegnava bene ed il mio contributo si fermò lì, a quel muso particolare.

E alla Maserati ha conosciuto Guerrino Bertocchi ...
Mi ha insegnato i rudimenti del collaudo su strada di un automobile. Un personaggio prezioso per la Maserati, era un grandissimo tecnico ed un buon organizzatore. Quando aveva voglia, e non sempre ne aveva devo dire, mi dava ottimi consigli che mi sono serviti a migliorarmi nel lavoro. Aveva in mano due punti chiave della Maserati: la sala prove motori e i collaudi su strada che dipendevano completamente da lui. Alla Maserati non usciva una "targa prova" senza la sua approvazione e nessuna auto usciva dall'officina senza passare letteralmente dalle sue mani.
Guerrino Bertocchi era davvero un personaggio speciale, da giovane era anche uno che andava forte, aveva fatto la Mille Miglia e su strada era davvero un maestro.

Come passò alla Porsche ?
A Le Mans, nel 1963, mi contattò il Direttore sportivo della Porsche Huschke Von Hanstein. Cercavano, mi disse, dei giovani tecnici per il reparto Esperienze e lui aveva avuto la segnalazione del mio nome. Mi disse chiaramente che mi voleva a Stoccarda. Accettai, dopo averci pensato neppure tanto.
L'ambiente della Porsche era quanto di più diverso rispetto a quello, diciamo così, "familiare" della Maserati. Alla Maserati c'era un padrone, la famiglia Orsi, pochi soldi e poca organizzazione, alla Porsche c'era un padrone, molti soldi ed un'organizzazione del lavoro esemplare, capillare, dalla progettazione, alla sperimentazione, al collaudo, all'ingegnerizzazione.
Pensi che c'era una multa per chi lasciava in disordine la scrivania, ed un'altra per le parolacce in officina: cinque marchi.
I soldi venivano raccolti in un fondo e alla fine del Mondiale, che allora terminava alla fine di luglio, con la cifra raccolta veniva pagata una cena a tutti i componenti della squadra corse. I soldi erano sempre abbastanza, ma casomai avrebbe provveduto ad integrarli la Porsche. Decisamente un altro mondo, dove regnava l'ordine e la programmazione, insomma una cosa...tedesca.

Che ricordo ha di Huschke Von Hanstein ?
Era un uomo tutto d'un pezzo.
Io l'ho conosciuto nella sua fase calante, un momento difficile per lui.
Era arrivato Ferdinand Piech, giovane e nipote di Porsche, che aveva imposto un rinnovo e lo stava scalzando dal suo ruolo, un ruolo che aveva ricoperto fin dai tempi del Professor Porsche.
Piech era convinto che quella generazione di collaboratori che aveva scelto suo nonno avesse fatto ormai il suo tempo, voleva cambiare e cambiò. Forse aveva anche ragione, il mondo era cambiato.
Von Hanstein mi aveva cercato ed assunto, con lui avevo preso i primi contatti a Le Mans, con lui avevo deciso di trasferirmi a Stoccarda, poi però mi ero ritrovato a dipendere da Piech e la mia era diventata una posizione difficile, a volte anche pesante perchè sentivo di non potegli dimostrare gratitudine.
In fondo mi aveva scelto fra altri giovani tecnici e mi aveva dato un'occasione importante.
Il suo fu un tramonto difficile. Come Bertocchi anche lui da giovane andava forte, vinse la Coppa delle Mille Miglia sul circuito attorno a Brescia con la BMW ed era un pilota fortissimo specialmente su strada. Con lui tramontò un'epoca.



"Il suo fu un tramonto difficile. Come Bertocchi anche lui da giovane andava forte, vinse la Coppa delle Mille Miglia sul circuito attorno a Brescia con la BMW ed era un pilota fortissimo specialmente su strada. Con lui tramontò un'epoca. "

 

 

[Foto a sinistra Huschke Von Hanstein]


Lei ha rammentato il Dottor Ferdinand Porsche un tecnico inimitabile...
Il Professor Porsche: un genio. Come lui, ad andar bene, in un secolo ne nascono tre o quattro.
Il "Maggiolino", da solo lo classificherebbe come il migliore; lo pensò e lo realizzò negli anni '30, ed è attuale ancora oggi e questa è la cosa che caratterizza le realizzazioni più ingegnose: la loro resistenza al tempo.
Un altro genio era Alec Issigonis, che "inventò" letteralmente la Mini Minor. Oggi, a oltre cinquant'anni dalla sua realizzazione è sempre una macchina alla moda, piace ai giovani, ai meno giovani, a tutti. Eppure ha praticamente le stesse forme di cinquant'anni fa, ha solo subito un adeguamento tecnologico, l'idea di base è la stessa. E questo è possibile solo perché era e resta un'idea geniale.
Pensate, invece, ad alcune sue coetanee, la Giulia Super per esempio che all'epoca andavano per la maggiore: la loro linea è superata, nessuno la riproporrebbe.

Con la Porsche lei vinse al Mugello nel 1967...
Per me quella corsa ha un valore particolare. Eravamo lì con lo squadrone Porsche, dominammo la corsa: tre macchine ai primi tre posti, vinse Mitter in coppia con Schutz ed io ero molto amico di entrambi, un'esperienza perfetta dal punto di vista agonistico, il mio ricordo di quella corsa è però tutt'altro che piacevole.
Durante le prove, infatti, perse la vita Gunther Klass, che fino a pochi mesi prima era stato pilota ufficiale della Porsche. Un ragazzo che conoscevo bene, con il quale scambiavo opinioni sul lavoro e non solo, la cosa oltre che colpirmi, com'era inevitabile, mi coinvolse direttamente, Huschke Von Hanstein volle che di Klass ci occupassimo noi della Porsche, ed io in particolare visto che ero l'unico che, parlando italiano e tedesco, poteva aiutare i familiari e gli amici del pilota che stavano arrivando dalla Germania.
Rimasi impegnato per moltissimo tempo in ospedale, traducendo le parole dei dottori, compilando documenti, dando le indicazioni per raggiungere l'obitorio. Fu un'esperienza molto pesante, davvero difficile.
Della corsa, conseguentemente, so poco perché non l'ho vissuta. Posso dire che il risultato non fu mai in discussione. Avevamo piloti formidabili e le Porsche 910, con l'8 cilindri 2200, erano indiscutibilmente superiori alla concorrenza, specialmente dopo il ritiro delle Ferrari ufficiali in segno di lutto per la perdita di Klass. L'unica avversaria temibile era la Ferrari 4000 della Filipinetti di Casoni ed Herbert Muller, che però si ritirò subito per un'uscita di strada.



"Un altro genio era Alec Issigonis, che "inventò" letteralmente la Mini Minor. Oggi, a oltre cinquant'anni dalla sua realizzazione è sempre una macchina alla moda, piace ai giovani, ai meno giovani, a tutti. Eppure ha praticamente le stesse forme di cinquant'anni fa, ha solo subito un adeguamento tecnologico, l'idea di base è la stessa. E questo è possibile solo perché era e resta un'idea geniale. "

[Foto a sinistra Sir Alec Issigonis]

E le Alfa Romeo ?
No le "33" di allora non erano un problema: pesanti, fragili, pericolose basterebbe domandarlo a Fabrizio...

Fabrizio ?
Sì è un aneddoto curioso legato anche a come poi passai all'Alfa Romeo con Chiti.
Quell'anno al Mugello occupavamo box adiacenti così sentivamo le discussioni fra l'Ing.Chiti ed i piloti che si lamentavano dei difetti delle "33" che invece il tecnico pistoiese difendeva, spesso anche contro ogni logica. Un giorno Colin Davis, dopo una discussione con Chiti che negava l’evidenza, si rivolse all’Ingegner Bardini, AD dell’Alfa Romeo e sbottò “Ingegnere, la macchina non va ed ha difetti gravi e pericolosi, l’ha capito persino Fabrizio!”
“Ma chi è questo Fabrizio?” chiese Bardini sorpreso. “Fabrizio è il mio cane!” chiosò Colin Davis, che naturalmente da allora non avrebbe più corso con l’Alfa Romeo. L’ing.Bardini tacque e seccato si allontanò.

E in che modo questo episodio è legato al suo passaggio in Autodelta ?
Perchè a contattarmi fu proprio Colin Davis. Colin era un pilota che conosceva l'ambiente della Porsche e quindi veniva spesso a trovarci, in una di quelle occasioni, mi disse che all'Alfa avevano bisogno di tecnici e li stavano cercando, io alla Porsche mi trovavo ancora bene, ma non più come prima, così con Chiti ci mettemmo d'accordo.

Che ambiente trovò in Autodelta ?
In Autodelta arrivai a fine ottobre. La Porsche da contratto aveva un'opzione per tenermi fermo tre mesi ed un'altra, che non fece valere, per altri tre. Era una normale precauzione, in quanto così facendo perdendo un tecnico limitavano il danno relativamente al "know how" che usciva dall'azienda. Poichè non ero un progettista, ma uno sperimentatore, pensarono bene che non c'era bisogno di impormi un blocco più lungo, in quanto alla Porsche sapevano bene che le auto da corsa nascevano vincenti sul tavolo da disegno, cosa che invece all'Alfa Romeo ed alla Autodelta non avevano altrettanto presente. L'organizzazione poi era diversa. Guardandola con gli occhi di un tedesco, disastrosa.
Chiti era un tecnico della vecchia scuola della Ferrari, uno di quelli che diceva:- "Dammi un motore con tanti cavalli e poi ci aggiustiamo"- e come motorista era geniale, ma per il resto improvvisava, e come spesso accade a chi ha grande intuizione, era incostante.
Per esempio l'idea del telaio della prima "33" con le travi cilindriche che facevano da serbatoi era geniale, peccato che però pesasse molti chili più della Porsche con cui doveva competere.
C'era poi, rispetto alla Porsche, il fatto che l'Alfa Romeo e l'Autodelta erano di fatto aziende separate, da una parte sviluppavano i propulsori, dall'altra l'autotelaio ed a complicare le cose c'era la politica, le partecipazioni statali. Alla Porsche per prendere una decisione operativa ci si metteva qualche ora, all'Alfa Romeo, se andava bene settimane, e questo rendeva impossibile la programmazione.

Qualche esempio dell'ingerenza della politica ?
Guardi, uno per tutti.
Il Mondiale del 1975, che poi vincemmo, inizò per noi all'Autodromo del Mugello dove si correva la 1000 Km poiché alla 24 Ore di Daytona non partecipammo.
Erano venuti tutti i Direttori dell'Alfa Romeo, ed anche diversi "pezzi da 90" dell'IRI, pronti a festeggiare la vittoria dell'Alfa Romeo.
A sorpresa venne fuori la Renault A441, col motore turbo che ci dette una paga memorabile !
Vinsero con un giro di vantaggio, e quella che prima era la "squadra corse" dell'Alfa Romeo, dopo la batosta diventò sbito "il Team di Willy Khausen" !
Poi, quando vincemmo il Mondiale ritornò Alfa Romeo e di Willy nessuno parlò più...
Era così e non ci si poteva fare gran che.
Il fatto che spendessimo soldi pubblici, poi era un problema.
Chiti, molte volte faceva dei tour de force incredibili dopo le gare per essere a Milano prima che i Direttori leggessero la stampa che, dopo una sconfitta, magari ci aveva definiti dei buoni a nulla che sperperavano denaro pubblico.



"Chiti era un tecnico della vecchia scuola della Ferrari, uno di quelli che diceva:- "Dammi un motore con tanti cavalli e poi ci aggiustiamo"- e come motorista era geniale, ma per il resto improvvisava, e come spesso accade a chi ha grande intuizione, era incostante.
Per esempio l'idea del telaio della prima "33" con le travi cilindriche che facevano da serbatoi era geniale, peccato che però pesasse molti chili più della Porsche con cui doveva competere.
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Qualche rimpianto ?
Dal punto di vista dei risultati ottenuti onestamente sì.
All'Alfa Romeo abbiamo vinto tanto, ma spesso con macchine che pesavano 50 Kg più della concorrenza. Se andiamo a vedere spesso facevamo secondo o secondo e terzo posto, in quei casi sarebbe bastato avere macchine più leggere per trasformare piazzamenti in vittorie, ed è questo che fa la differenza.
Pensi che alla Porsche, nelle ultime settimane prima del mondiale davano un premio in denaro a chi trovava una soluzione per alleggerire la macchina da corsa. La macchina era già al limite, ma il peso risparmiato avrebbe potuto essere speso in altro modo, realizzando un'altra soluzione. Avrebbero tranquillamente potuto offrire anche dieci volte di più perché la macchina, loro lo sapevano bene, nasce leggera sulla carta. Dopo toglierle peso è difficile, quasi impossibile.

Qualche soddisfazione ?
Beh, nella classe 2000 abbiamo fatto smettere la Porsche, anche se loro non saranno d'accordo...
Chiti con i motori ci sapeva fare. Il due litri 8 cilindri delle "33" non aveva rivali.

Nel 1968 subito una bella vittoria al Mugello...
Vero, una gara ricca di pathos.
La "33" era stata completamente rifatta. Tutti i problemi gravissimi emersi nell'anno precedente erano stati risolti, insomma era un'altra cosa. Convinsi Chiti a "preparare" la partecipazione alle gare lontano dai riflettori, a Balocco, su una pista magari inadeguata a una "33", ma dove potevamo fare tutte le prove che volevamo senza veder finire sui giornali gli eventuali insuccessi, cosa che in un'azienda pubblica aveva il suo peso.
Cominciammo bene a Daytona, ed al Mugello vincemmo al prima gara importante per l'Alfa Romeo dopo tanto tempo. Vincemmo magari con un po' di fortuna, ma fu una vittoria che ci rinfrancò e ci ripagò di tanto lavoro e di tanti sacrifici.
Le confesso una cosa, ci aspettavamo di vincere molto più facilmente. La Porsche non partecipava in forma ufficiale, ma tramite scuderie private una delle quali era di proprietà di Rico Steinemann che poi sarebbe diventato Direttore sportivo a Stoccarda.
Invece quella corsa ce la dovemmo sudare.
Steinemann era un simpatico ragazzo, un amico, anche un ottimo pilota, ma certo non era Jo Siffert con cui divideva la macchina. Siffert fece meraviglie, poi Rico, anche per un po' di malasorte, rovinò tutto. Vincemmo con Vaccarella e Lucien Bianchi che nell'ultimo turno Chiti sostuì con Nanni Galli rimasto appiedato dopo il ritiro di Giunti.

Come mai Chiti decise quel cambio ?
Non lo so.
Ufficialmente si disse che rischiavamo di perdere la corsa, ma non ebbi mai, dopo lo sfortunato turno di Steinemann, la sensazione che potessimo perdere, avevo avuto, questo sì, la sensazione che la stavamo vincendo con una buona dose di fortuna, ma che la potessimo perdere, no.

Qualcuno parlò di una scelta politica...anzi geopolitica...
Può essere, Chiti aveva, è inutile negarlo, una particolare affinità con i piloti toscani, "Nanni" poi era velocissimo al Mugello, quindi la scelta ci stava.

Elford era rimasto a piedi dopo un incidente in prova con l'altra Porsche 910 inglese, con lui in coppia con Siffert sarebbe stata un'altra storia ?
Certamente sì, e forse sarebbe anche andata a finire diversamente.
Vic Elford lo conoscevo bene. Mi ricordo che correva con le 911 nei rallies. Nel 1966 a Montecarlo perse solo per sfortuna. Io seguivo quella gara, passavano sei volte sul Col de Turinì, tre volte in un senso e tre nell'altro e Elford sembrava in grado di dominare la scena quando, all'improvviso, cominciò a nevicare ed in poco tempo la strada si coprì completamente. eravamo organizzati per questa evenienza, ma allora nessuno, sulla neve, era in grado di battere le Mini Cooper.
Con Vic ho anche un altro ricordo personale. Si correva il "Rally dei Tulipani". La corsa partiva da Amsterdam, scendevano fino nell'Alta Savoia, facevano un sacco di prove speciali sulle Alpi francesi, poi passavano sulle Alpi dell'Eifel, dove facevano una prova vicino al vecchio Nurburgring ed infine, prima di tornare ad Amsterdam facevano una prova speciale sul vecchio circuito della Solitude, a Stoccarda.
Il navigatore di Elford si era ammalato e allora Piech mi chiese, visto che parlavo anche francese, di accompagnare Vic Elford nella prima ricognizione del percorso, fino a Colmar, in Francia. Sono stato due giorni in macchina con Elford, con delle paure incredibili. Ne parlai poi con altri piloti ed uno di loro mi disse:-"Elford in circuito o in strada chiusa può essere battuto, ma con la strada aperta non c'è nessuno che possa anche solo stargli dietro"- Devo dire che me n'ero accorto a mie spese.
Io che credevo di andare forte, avendo imparato da Guerrino Bertocchi, dopo aver visto lui, Vic Elford, cambiai decisamente idea.

"Sono stato due giorni in macchina con Elford, con delle paure incredibili. Ne parlai poi con altri piloti ed uno di loro mi disse:-"Elford in circuito o in strada chiusa può essere battuto, ma con la strada aperta non c'è nessuno che possa anche solo stargli dietro"- Devo dire che me n'ero accorto a mie spese.
Io che credevo di andare forte, avendo imparato da Guerrino Bertocchi, dopo aver visto lui, Vic Elford, cambiai decisamente idea.
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[Foto a sinistra Vic Elford]


Parliamo di piloti ?
Io divido solitamente i piloti in "veloci ed utili" e "veloci ed inutili", ma non mi chieda di specificare chi appartenesse alla prima o alla seconda categoria, che, per un ingegnere sperimentatore come me erano le uniche che m'interessassero ai fini del mio lavoro.

Diciamo allora una parola per ogni pilota, una dichiarazione telegrafica, una sensazione, un ricordo ?
Proviamo.
Mitter era un ottimo tecnico, probabilmente sottostimato, era davvero molto veloce.
Schutz è tanti anni che non lo vedo, era un uomo concreto, calmo e ottimista.
Di Hermann ricordo la gentilezza, l'ospitalità, la competenza e la serietà. Era un po' il papà, il consigliere di tutti. A diciannove anni aveva corso in Formula 1 con la Mercedes negli anni '50. Era l'unico più vecchio di me e quando una macchina la metteva a punto lui, andava bene a tutti perché era bravissimo.
Siffert per me era il più veloce ed un vero professionista, andava forte su pista, andava forte su strada, andava forte con la Formula 1 andava forte con le sport. Andava forte dappertutto.
Neerpasch era un pilota veloce, un gentiluomo, educato, molto serio.Ed aveva una moglie bellissima.
Stommelen è un caso particolare. Abbiamo lavorato molto insieme, riuscii anche a portarlo all'Autodelta. Era un collaudatore eccezionale, bravissimo, ma era anche un pilota molto, ma molto veloce.

"Siffert per me era il più veloce ed un vero professionista, andava forte su pista, andava forte su strada, andava forte con la Formula 1 andava forte con le sport. Andava forte dappertutto. "

Chi fra questi sei, a suo avviso, ha avuto meno di quello che meritava ?
Forse Mitter, ma non come vittorie, casomai come stima.
Quando vinceva le voci di corridoio portavano sempre un "ma" o un "però".
Credo che ne abbia sofferto molto.
Una volta ebbe anche una discussione vivace con l'Ingegner Piech, l'attuale Grande Capo del Gruppo Volkswagen, che all'epoca era il numero uno alla Porsche.
Eravamo stati i primi a studiare qualcosa di simile ad un simulatore, Piech si era procurato tutti i mappali dei principali circuiti e gli ingegneri del reparto calcoli avevano ricavato, in base ai dati tecnici delle nostre auto il tempo sul giro teorico per ogni circuito. Piech pretendeva che quei tempi fossero il termine di paragone per i nostri piloti. In un'occasione redarguì severamente Mitter che su uno di questi tracciati stava provando una delle nostre macchine ed era abbastanza lontano dal tempo "teorico".
Mitter rispose duramente qualcosa tipo "quello è il volante provate voi con i vostri calcoli a fare meglio senza ammazzarvi" e la cosa non lo favorì certo. Non era un diplomatico, Mitter, e questo non gli giovò.

Nel 1967 la Porsche perse il Mondiale per un punto...
Tutta colpa del regolamento cervellotico che contemplava solo i quattro migliori risultati. Sia la Ferrari che la Porsche avevano due vittorie, ma la Ferrari aveva un secondo posto in più, due contro uno solo della Porsche.
E così perdemmo il Mondiale all'ultima gara.



"Vaccarella, nella prima parte della mia esperienza all'Autodelta era un pilota sciupato, nel senso che avevamo troppi pochi cavalli da mettergli a disposizione: 250-270 CV al massimo, invece Vaccarella era un pilota che più cavalli aveva a disposizione più andava forte, non è di tutti, sa ? Non è per tutti una cosa del genere. "

Facciamo lo stesso gioco di prima anche con i piloti Autodelta ?
Giunti, bravo e velocissimo, di automobili non capiva nulla.
Nanni era il compagno ideale di Giunti, del quale era quasi sempre appena meno veloce, ma andavano così d'accordo ed erano così ben assortiti che assieme rendevano più che singolarmente. Una bella coppia, e "Nanni" era davvero un ottimo pilota.
Vaccarella, nella prima parte della mia esperienza all'Autodelta era un pilota sciupato, nel senso che avevamo troppi pochi cavalli da mettergli a disposizione: 250-270 CV al massimo, invece Vaccarella era un pilota che più cavalli aveva a disposizione più andava forte, non è di tutti, sa ? Non è per tutti una cosa del genere.
E poi a Vaccarella ha nuociuto essere il re indiscutibile ed indiscusso della "Targa Florio". Da parte di molte squadre, Porsche compresa, si diceva "va fortissimo alla Targa Florio", invece no: andava fortissimo dappertutto. Per le grosse Sport Prototipo, ma per quelle grosse davvero, era l'ideale.
Lucien Bianchi era un caro amico, ma caro davvero. Poche settimane prima dell'incidente che gli fu fatale era stato a cena da me, a casa mia. Del suo incidente non so niente. Era molto bravo, molto tecnico, ed anche molto veloce era un pilota che dava un senso di serenità e pacatezza, aiutava i giovani con la sua esperienza.
Mario Casoni, lo conosco bene, lo vedo spesso. Non va contraddetto, ma molte volte ci capita di ricordare due corse diverse, eppure c'eravamo tutti e due. Ha sempre avuto il complesso di essere stato sottovalutato. Pensava di essere il più veloce di tutti, il che non era vero, ma andava forte.
Spartaco Dini, era di livello inferiore, però era toscano e questo lo avvantaggiava con Chiti che per i toscani aveva un occhio di riguardo che andava oltre un'obiettività appena smussata. Spartaco andava forte, ma con quelli che abbiamo citato prima non c'era partita, almeno sulle "33".
Giampiero Biscaldi, quando l'ho conosciuto era già in fase calante, non era più pilota ufficiale Ferrari.
Praticamente smise di correre proprio dopo l'incidente al Mugello, correndo con noi.
Benchè fosse tarchiato era stato campione italiano militare sui cento metri piani, ma soprattutto aveva una forza mostruosa nelle braccia. Quando ebbe l'incidente, poichè l'auto si era ribaltata più volte, aveva preso una brutta botta al collo e temendo un danno alle vertebre non voleva essere toccato da nessuno fino all'arrivo del medico. La gente invece lo voleva aiutare e si accalcava attorno a lui e lui menava dei gran cazzotti e ne stese più di uno, mi raccontarono. Poi arrivò il medico che gli applicò un collare e fu trasportato via con l'elicottero.
Carlo Facetti è stato il miglior pilota collaudatore che abbia conosciuto. Era un gran tecnico, aveva un'officina e ha corso in tutte le categorie minori, anche con automobili di seconda fascia. Era capace di capire dove migliorare un motore o una macchina. Facetti era più veloce di Zeccoli, oltre che più giovane, ed aveva anche conoscenze tecniche superiori. Zeccoli era un buon collaudatore, come pilota era magari di seconda fascia, e spesso, come a Daytona nel '68, finiva per correre con la GTA o al Mugello con gli olandesi della VDS.
Merzario era un pilota veloce, aveva le sue manie ed i suoi modi non erano sempre corretti.
Non avemmo sempre un buon rapporto. Più di una volta ci scontrammo su questioni tecniche. Era capace di provare una macchina, scendere e dire "va tutto bene". Poi magari Ickx, o Andretti abbassavano il suo tempo di 1" e allora bisognava cambiare tutto.
Però, su strada, era davvero velocissimo.
Probabilmente il migliore.
Improvvisava e ci metteva qualcosa che gli altri non avevano. Ha vinto molto, ma se ci avesse aiutato di più avrebbe vinto il doppio.

Chiudiamo con un ricordo divertente...
Il Mondiale del '75, mi sembra.
A Digione, arrivammo per le prove. Si provava il venerdì e il sabato tutto il giorno. Eravamo arrivato con il camion forse da mezz'ora e cominciò a nevicare. E ne venne giù tanta, ma tanta che restammo tutto il venerdì e il sabato chiusi nel camion officina a giocare a briscola. Poi, la mattina della domenica venne fuori il sole e prese a far caldo. La neve si sciolse e, mentre noi pensavamo ormai all'annullamento della gara, la Direzione di corsa ci disse di provare. Prove ufficiali dall'una alle due e partenza prevista alle due, spostata alle due e mezzo. Però fu una farsa perchè anche le infrastrutture dei cronometristi erano ancora da allestire : diedero lo stesso tempo al centesimo di secondo a tre macchine, due delle nostre e una Renault.
La corsa, però, la vincemmo noi.

e uno curioso...
Questo è relativo al primo anno che montammo il 12 cilindri.
Ci eravamo messi in testa che con il "motore lungo" avremmo avuto il problema di lubrificare le bancate "lontane" perché le pompe, trascinate dall'ingranaggeria del motore, erano entrambe nella parte anteriore del motore e pensavamo, di più ci convincemmo, che a causa delle perdite di carico le ultime due bancate non sarebbero state lubrificate sufficientemente.
Allora cosa si fa? Chiti decide di fare una modifica: con una delle pompe dell'olio mandiamo l'olio in pressione nella coda del cambio, attraversiamo tutto il cambio e così raggiungiamo con l'olio anche la parte posteriore del motore.L'albero del cambio era già alleggerito, quindi cavo, e ruota, noi ci infiliamo una canna di fucile, che invece non ruota ed è avvitata al carter del cambio e dalla parte del motore facciamo un bella doppia guarnizione di grafite che fa tenuta. Funzionava bene, era passato più di un anno quando siamo andati a Zeltweg dove avevamo i motori nuovi. La ditta che ci forniva le canne, che era un produttore di fucili, aveva sbagliato e le due estremità era fuori asse di un paio di centesimi di millimetro !
Questo faceva sì che si rompeva la saldatura della canna in prossimità della vite e controvite che la bloccava al carter del cambio così che il cambio si riempiva di olio motore ed il motore di olio cambio. Un disastro. Naturalmente non ce ne accorgemmo subito, perché fino ad allora con i motori vecchi era andato tutto bene.
Con tre motori non siamo riusciti a completare un giro ! L'ultimo si ruppe alla fine del rettifilo, dopo 500 metri, quando ancora vedevamo la macchina dai box ! Una brutta figura memorabile, ridevano tutti.
Allora dal motore di scorta tirammo via la canna, degli altri motori ne riparammo uno, sempre tirando via la canna, e la terza macchina non prese il via. Bene il motore, senza quella benedetta canna andava benissimo e lubrificava alla perfezione. Quella soluzione era inutile, ma ce ne accorgemmo dopo quasi un anno e dopo aver rotto tre motori nuovi in meno di tre giri di test. E il tutto pesava un chlo e mezzo, che non è poco specialmente se la macchina è già sovrappeso come capitava sempre a noi.